Il gruppo giovani di Azione Cattolica, si è voluto cimentare in un'ardua iniziativa: ha cercato di leggere e "sviscerare" l'icona biblica dell'anno. Ne è uscito un lavoro denso di esperienza personale e di confronto, frutto del confrontarsi attraverso i social network, in particolare Facebook. Non volendovi privare nè delle riflessioni nè delle discussioni che ne sono derivate dalle stesse, abbiamo deciso di pubblicare sul nostro sito le discussioni nate e sviluppatesi nel nostro gruppo Facebook. Vi presentiamo il Vangelo riletto con gli occhi della giovinezza, così pieno di immagini, dubbi e provocazioni. Lo abbiamo chiamato, #ilVangeloGiovane
Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: «Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti». Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Matteo 22, 1-14
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Giovanni Santantonio
"E ti senti ad una festa per cui non hai l'invito per cui gli inviti adesso falli tu."
Leggendo l'icona mi sono balzate in mente immediatamente queste parole che conosciamo tutti. Ma ci torno dopo su di esse (molto dopo).
La mia riflessione è partita dal comportamento dei primi invitati, quelli che rifiutano l'invito per intenderci, e quelli a cui più spesso, purtroppo, mi sento vicino come modi di fare. Ogni giorno ci affanniamo in tutti i modi per fare ciò che noi reputiamo importante, perdendo il gusto di fermarci un istante, guardarci dentro, dialogare con Dio. Proprio in questi rari momenti di stop che mi rendo conto realmente quanto sia bello accettare l'invito, abbandonare le "cose importanti" e "festeggiare".
Questa settimana mi sono state poste tre domandine facili facili: "Chi sei?", "Da dove vieni?", e "Dove vai?" (già, facili facili...). Ho potuto riflettere sul fatto che se per noi cristiani il "da dove vieni" e il "dove vai" devono essere certezze, il "chi sei" dipende unicamente da noi. E vivendo come i primi invitati, il rischio di lasciare un buco tra il "da dove vieni" e il "dove vai" è enorme. Si corre il rischio di vivere ossessionati dallo studio, dal lavoro, da mille impegni (cose nobilissime eh!), per cosa alla fine? E allora pazienza se ci si sente come "ad una festa per cui non abbiamo l'invito", l'importante è esserci a quella festa e magari fare anche a nostra volta altri inviti! 
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Simona Francesca Stanca
Ragazzi menomale che avevo mamma accanto che mi ha fornito numerose delucidazioni, perché a prima vista il brano mi aveva infervorato e stavo partendo in quarta, alquanto contrariata ( XD come al solito, pardon). Dunque dunque, tralascio volutamente (la già accennata da Andrea) evidente incoerenza dei vari ammazzamenti, per soffermarmi sui, più nobili, versi 8/11. Trovo affine alla mia linea di pensiero, il rifiuto da parte del Re di quegli invitati (dunque estendendo il concetto a "chi non merita più le nostre accortezze e attenzioni") non per cattiveria o per mancanza di spirito di condivisione, ma semplicemente per un fatto personale. Penso a quante volte, anche io come il Re, ho "preparato con tante amorevoli cure e dedizione un banchetto" e tale banchetto è stato rifiutato e peggio ancora, non c'è stato nessun gesto dall'altra parte per rimediare a questa scortesia. Riflettendo: su questo banchetto io ci ho investito, mi sono giocato delle carte e ho infine avuto un interessante dispendio di risorse (non vi faccia ridere la definizione, ma tanto per intenderci "risorse vitali dell'anima"). Per questo motivo trovo molto difficile riabilitare ai miei occhi qualcuno che mi ha deluso profondamente e la maggior parte delle volte "getto la spugna" (proprio come ha fatto il Re, certo in modo più pacifico). Ma ora smonterei volentieri l'impianto del protagonista (che tra l'altro mi sta un po' scomodo), perché mi vorrei calare nei panni dei "nuovi invitati" e riflettere sul loro stato d'animo. Da "nuova invitata" (dunque SCONOSCIUTA ALL'OSPITANTE) sarei intimorita e indispettita da un simile invito e mi chiederei i "perché" e i "per come" al riguardo, pensandoci due volte prima di accettare o meno. Purtroppo mi inserisco nel quadro dell'uomo moderno che, sfiduciato verso il mondo e la società, sente puzza di bruciato anche dove non ce ne sta; temendo in una colossale fregatura o di venire rifiutati per quello che si è. Tale mia paura sembra avallata dall'episodio del signore con l'abito sbagliato, perciò mi chiedo: esiste un DRESS CODE dell'essere buoni invitati e più in generale cristiani? PS: se esiste vi prego comunicatemelo, perché come al solito faccio la cinica di turno XD Baci a tutti! <3
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Andrea Santantonio trovo la seconda parte del tuo intervento davvero significativa (quella relativa al "dress code"=norma di abbigliamento ) e non ti nego che è una difficoltà che ho anche io. Ma credo anche che una prima parte di risposta alla domanda la troviamo nel brano stesso. Io ho parlato della tua seconda parte, perchè a mio avviso, nella prima parte compi un errore di attribuzione di fondo. Provi a immedesimarti nel RE (e quindi provi a preparare il banchetto come se tu fossi il Re). Perciò non riesci a capire le logiche del re stesso, perchè questo non può rappresentare noi, popolo da regnare. Noi siamo servi e invitati, non i regnanti: bada, se siamo i regnanti, governiamo secondo le nostre priorità. Questo non significa che noi non partecipiamo alla PREPARAZIONE DEL BANCHETTO (ho difficoltà ad immaginarmi un re che fattivamente si mette ad apparecchiare tavola, a rassettare la stanza o ad imbustare gli inviti). Noi PREPARIAMO il banchetto, da servi, seguendo le disposizioni del Re. Servi delle leggi del Re (se il re è Dio, la regola è l'AMORE). E poi vorrei sottolinearti un'altra cosa. Il re non uccide gli invitati che si rifiutano di andare alla festa (i cattivi per intenderci, altrimenti sarebbe incoerente visto che dopo ai crocicchi si raccoglie "sia buoni sia i cattivi"): lui uccide gli assassini dei suoi servi. Mi piace immaginare a quei servi uccisi nel portare gli inviti, come a quei MARTIRI che portano la Parola di Dio offrendo la loro vita, o a quei MISSIONARI a cui oggi è dedicata la giornata. "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia." (cfr. Mt 5,10) PS. nei tuoi dubbi dai sempre una grande opportunità di approfondimento, grazie 
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Simona Francesca Stanca Oh mamma, ancora non ci avevo capito niente allora! Grazie a te! (soprattutto della delucidazione) 
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Lucia Sansone
Quello che salta agli occhi leggendo il brano biblico di Matteo (22, 1-13) e' lo straordinario dono della chiamata di Dio alla missionarita': l'imperativo "andate"! E questa richiesta viene quando il Suo banchetto viene disertato, snobbato diremmo noi... Che tristezza pensare a una sala preparata con cura ma vuota, rifiutata... Ma ecco la chiamata ad andare per le strade a portare "cattivi e buoni" perche' tutti degni di grazia e di misericordia. Un'attenzione particolare va data anche all'abito nuziale citato nel brano, un abito che ci fa pensare a quello bianco e splendente del nostro battesimo e in virtu' del quale noi dovremmo indossarne un altro, altrettanto nobile, ma piu' duro e a volte ruvido : il grembiule! Quel grembiule che Gesu' indossava durante l'ultima cena insegnandoci che la Fede si esprime nel servizio. Cogliamo allora la grande opportunita' di vivere la nostra vita con questo "abito nuziale" testimoniando la nostra fede con gioia sempre ogni giorno!
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Andrea Santantonio È davvero bello, nel leggere gli interventi tuo e di Giovanni vedere come da uno stesso brano biblico, abbiamo posato gli occhi su tre caratteristiche diverse. Bello bello bello
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Stefania Manco
dopo aver letto l'icona le domande che mi sono posta sono: • Quali sono le persone che sono normalmente invitate alle nostre feste? Perché? Quali sono le persone che non sono invitate alle nostre feste? Perché? • Quali sono i motivi che oggi limitano la partecipazione di molte persone nella società e nella chiesa? Quali sono i motivi che certe persone addicono per escludersi dal dovere di partecipare alla comunità? Sono motivi giusti?
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Lucia Sansone domande giuste...ma ti sei data una risposta? E questi atteggiamenti sono comprensibili? Noi in concreto che possiamo fare? |
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Stefania Manco Credo che la testimonianza sia un mezzo forte e il più concreto che possa dare giusti input e giuste motivazioni! Credo! Per quanto riguarda il darmi delle risposte ci sto lavorando
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Lucia Sansone Non è solo un detto che sono gli esempi che trascinano, è verità! 
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Vinicio Rosano
NB. non ho letto nessuna vostra riflessione ancora, per non farmi influenzare, perciò scusa se ripeto qualcosa che già avete detto!
l'icona biblica ci porta indubbiamente a riflettere. E' chiaro che per partecipazione al Banchetto, il riferimento può essere o alla partecipazione "terrena", alla Chiesa come comunità, o alla partecipazione post morte, al regno dei cieli. A primo impatto, l'impressione che mi ha fatto non è molto positiva. L'atteggiamento degli invitati sembra molto controverso, arrivano a uccidere i servi del re per una ragione inspiegabile. Da qui la prima riflessione: il re sapeva chi fossero gli invitati? era convinto che avrebbero accettato e che ne sarebbero stati degni, oppure gli invitati erano gente qualunque? Poi la reazione del Re, di uccidere gli assassini è allo stesso modo emblematica.. Questo re non perdona, ma condanna. Un'altra piccola riflessione è il fatto di chiamare "tutti" quelli che c'erano, buoni e cattivi. A questo punto mi chiedo: non sarebbe stato più saggio selezionare all'inizio i degni alla partecipazione dell banchetto? Evitanto così di "legare e gettare nelle tenebre" i non eletti? perciò mi chiedo: c'è uno "standard" da rispettare per partecipare a questo banchetto? Se l'abito nunziale rappresenta la purificazione dai peccati e l'anima degna è un conto, ma questo commensale gettato via nel bel mezzo del banchetto, lascia (almeno personalmente) un po' perplessi! Molto significativa è la parola "amico", che il re utilizza al commensale senza abito nunziale. Sembra quasi che all'inizio non abbia l'intenzione di gettarlo via, ma di comprenderne le ragioni di tale mancanza. Quando l'invitato "ammutolisce", scatta la reazione del re. Spero di avervi dato qualche spunto o qualche provocazione 
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Andrea Santantonio Sul "re che non perdona ma condanna" ti prego di leggere il mio commento alla riflessione di Simona (potrebbe aggiungere qualcosa) Sul resto voglio vedere che dicono prima gli altri, poi dirò la mia. Grazie Vinì 
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Matteo Bellaluna
[...]“Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.
È una espressione che mi ha sempre colpito per la forza veemente delle immagini che evoca. Nel primo segmento, per così dire, oscurità, dolore e terrore; nel secondo, una sorta di affermazione oracolare che richiama l'immagine di un imbuto atto a limitare l'afflusso copioso di un fluido. L'atteggiamento drastico del re potrebbe lasciarci confusi: omicidi, roghi di città e, in ultimo, vessazioni fisiche su di un tizio che sembrerebbe avere avuto il solo ardire di scegliere un “look inappropriato”. È un trattamento “brusco” che ritorna però in alcune situazioni e con alcuni personaggi delle parabole (penso alla condanna delle “vergini stolte” o al “servo malvagio” della parabola dei talenti). Lo stesso “pianto e stridore di denti” ritorna spesso in altre parabole di Matteo. A mio avviso sono espressioni forti che lo scrittore sacro utilizza per scuotere il torpore che spesso attanaglia le nostre coscienze. Ecco allora che la chiave della parabola sta nell'invito che è invito alla “salvezza”. Quale altra immagine si sarebbe potuta utilizzare per descriverne la portata, la bellezza, l'abbondanza, se non il banchetto per le nozze del figlio di un re? Eppure i primi invitati rispondono picche, declinano l'invito. Ciascuno è assorto nei propri impegni, nelle proprie priorità, occupato a tal punto da declinare anche un' offerta così lusinghiera. L'universo dei nostri impegni può farci perdere l'orizzonte della gioia, perché ad una festa si è felici e spensierati. Ma la palla è sempre nelle nostre mani. Il re avrebbe potuto estorcere la partecipazione alla festa con la forza, fare pressioni, minacce. Ciascuno, liberamente, ha accampato le proprie “scuse” (cfr. Luca, 14,16-20). Ma il Re ha voglia di far festa. E di questa festa vuole rendere partecipi tutti. “Tutti quelli che troverete” è il mandato del re ai servi. Quest'ultima è la prospettiva entro cui l'AC invita a metterci con lo slogan del nuovo anno associativo. L'invito ad essere servi e a chiamare tutti, senza sindacare sulle qualità degli invitati (“buoni e cattivi”), per poter finalmente fare festa tutti insieme. Ma l'abito? Capite bene che forse non si tratta di un re bisbetico appassionato di moda. La domanda del Re lascia senza parole l'interlocutore. Sa probabilmente di essere in fallo. Come si può fare festa infatti se non ci si presenta al meglio? Se non si affronta l'invito con un “cambio d'abito (immutemur habitu)” laddove per abito s' intedono gli aspetti della nostra vita che ci costringono in abiti sporchi, rovinati, indegni certamente per fare festa. Più che parlare di dress code, standard per la partecipazione etc. parlerei di restyling, rinnovamento. (cfr. Luca 5:36-38)
Per riflettere un po', ho approfittato del tragitto (20 min. circa) che percorro solitamente la Domenica alle ore 18.00 per partecipare ad una Festa (alle volte, i verbi!!! “Casualmente” scoprirò mentre scrivo dello stretto rapporto Messa-Festa anche sul piano verbale perchè si usa il medesimo verbo per rapportasi ad una festa così come per dire della Messa: partecipare. Me lo conferma il fatto che, se è pure ovvio che si dice “partecipare ad una festa” e non “vedere una festa”, dire “vedere la messa” è una grossolana traduzione del dialettale “vitire a missa” che rimanda ad rapporto popolaresco con il rito preconciliare e con la cd. “partecipazione interna”).
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