23 maggio 2012: ricorrono i 20 anni dalla strage di Capaci, e non c’è una città italiana in cui non ci sarà una manifestazione, una marcia o un incontro per parlare dell’accaduto.
Proprio in questo giorno invece, voglio ribadire un concetto cardine, che come Azione Cattolica cerchiamo di diffondere da anni, forse non sempre capiti, almeno nelle realtà locali.
"Chi ama, educa": chi ama il proprio futuro, chi ama il proprio paese, chi ama la legalità deve farsi portabandiera dell’educazione.
Questa è l’unica "arma" che abbiamo contro le mafie e il terrorismo. L’educazione alla legalità.
Perciò quello che diviene importante al giorno d’oggi è creare le situazioni per trasmettere esempi positivi ai nostri ragazzi, perché l’educazione parte soprattutto dal dimostrare con i propri comportamenti e non con le vane parole. La legalità parte nell’esempio che un genitore da al proprio figlio nel rifiutare le raccomandazioni e le scorciatoie in carriera, dai piccoli gesti, dall’insegnare ai piccoli l’amore per l’ambiente e per l’uomo.
Queste sono cose che non possono trovare le loro naturali fondamenta solo in marce ed incontri tematici. Non è solo con questo che le nostre nuove generazioni saranno educate ad una cultura di legalità.
La verità è che troppe volte viene dimenticato l’enorme lavoro che viene fatto dai soggetti educanti: dalle scuole, dalle associazioni.
È caratteristico vedere come subito dopo la strage di Brindisi si sia risvegliato, soprattutto nei giovani la voglia di denunciare, di gridare all’ingiustizia.
Si! È giusto farlo, ma non su Facebook o social network vari. Non si cambia il mondo da dietro una tastiera, non si può immaginare di educare i nostri ragazzi attraverso dei link o anche dei sensati "stati personali".
Nel discorso di commemorazione alla strage di Capaci, Giorgio Napolitano ha inviato un monito forte, con la voce spezzata dalla commozione: "Scendete al più presto in campo per rinnovare la politica e la società nel segno della legalità e della trasparenza".
Mi permetto di parafrasarla: chiudiamo i nostri computer, facciamo un decisivo "log out" dai social network che ormai ci schiavizzano anche nell’azione; quello scendere in campo sia deciso e concreto: impegniamoci nell’educare. Questa è l’unica strada per dimostrare l’amore verso la legalità, questo è l’unico modo per permettere una nostra discesa in campo attiva e fattiva.
Non aspettiamo il diventare genitori per essere educatori! Facciamolo da subito, scendiamo subito in campo.
Solo noi giovani possiamo trasmettere ai nostri fratelli più piccoli la rabbia e l’indignazione per un mondo ereditato troppo marcio dai nostri genitori.
E allora non aspettiamo di diventare grandi e poi magari essere contestati dai nostri figli, così come facciamo noi con i nostri genitori. Che parta da oggi il nostro impegno per l’EDUCAZIONE.